Tutto il mondo è in attesa di un vaccino per il Covid-19. Arriverà? E in che tempi? Un esperto stimato internazionalmente come il dott. Anthony Fauci, è prudente, almeno per quello che riguarda i tempi: anche se a fine novembre fossero pronte le prime dosi, i tempi di consegna e di inoculazione sono tali che non è possibile prevedere una protezione generalizzata ed efficace prima della fine del 2021. Il vaccino che sembra più vicino al traguardo, tra le centinaia che si studiano in tutto il mondo, è in questo momento quello messo a punto dallo Jenner Institute di Oxford insieme alla IRBM, una farmaceutica italiana di Pomezia Terme. AstraZeneca, il colosso anglosvedese, ne ha acquisito i diritti di produzione, distribuzione e commercializzazione e, anche se la sperimentazione di Fase 3 non è terminata, ha già cominciato a produrlo. C’è stato un momento di panico la settimana scorsa, quando un volontario ha presentato sintomi che potevano essere attribuiti a una reazione avversa, e la sperimentazione è stata sospesa. Solo per tre giorni: è infatti stato subito appurato che il vaccino non c’entrava niente. Contemporaneamente, si stanno intensificando in tutto il mondo le ricerche per un farmaco efficace.
In Ticino è partita una sperimentazione clinica sull’Enzalutamide, un antiormonale utilizzato nella terapia del cancro alla prostata. Attraverso il blocco del recettore androgenico che regola uno degli importanti accessi al virus, impedirebbe al Sars-Cov-2 di replicarsi. Senza addentraci in spiegazioni scientifiche complesse, questo spiegherebbe perché la malattia , ha un decorso molto più grave fra gli uomini soprattutto over 65, che spesso hanno problemi alla prostata. La squadra ticinese che lavora su questo studio clinico unisce le forze dell’Istituto Oncologico della Svizzera Italiana (Iosi) in collaborazione con l’Irb (Istituto di ricerca in biomedcina), lo IOR (Institute of Oncology Research), l’Ordine dei medici ticinesi e del Cardiocentro di Lugano, con il sostegno dell’ente ospedaliero cantonale. Insomma una importante task force che, lavorando su un farmaco già in commercio, non avrebbe bisogno, in caso di risposta positiva, di tempi lunghi per l’approvazione della terapia. Ma la cura interesserebbe solo la popolazione maschile e anziana, che è quella più a rischio, non sarebbe una risposta per tutti.
Un’altra interessante novità viene da uno studio davvero all’avanguardia per quello che riguarda la metodologia. Pubblicato sulla rivista eLife, fornisce una spiegazione alternativa sui meccanismi di azione del virus e quindi sulle possibili terapie. I ricercatori infatti hanno utilizzato il supercomputer Summit dell’Oak Ridge National Lab nel Tennessee, il secondo computer più veloce al mondo, facendogli analizzare i dati di espressione genica (i.e. che segmenti di DNA vengono letti o trascritti in RNA e quindi in proteine cellulari) raccolti attraverso il liquido di lavaggio dei bronchi di un gran numero di pazienti che avevano contratto il COVID19. I trascritti o segmenti di RNA estratti da queste cellule bronchiali sono stati confrontati con una libreria di trascrittoma umano (circa 160.000 trascritti diversi) nel tentativo di comprendere meglio che cosa il Covid-19 modifichi cellule infettate. Grazie al supercomputer sono riusciti ad analizzare 2,5 miliardi di combinazioni – in poco più di una settimana. I risultati sono estremamente interessanti.
Come ormai è noto a tutti, il Covid-19 non colpisce solo i polmoni, ma crea una vasta gamma di patologie, alcune anche neurologiche, che sono state attribuite a una forte reazione autoimmune indotta dal virus, e precisamente a una tempesta di interleuchine, prodotte in sovrannumero dal sistema immunitario, che finiscono per danneggiare l’organismo, soprattutto nelle persone più deboli.
Secondo prof.Daniel Jacobson che ha guidato lo studio di cui stiamo parlando, i danni organici sarebbe invece dovuti alla bradichinina, una piccola molecola di segnale che, come sostiene il capo del centro per la biologia dei sistemi computazionali a Oak Ridge, spiegherebbe molti aspetti clinici dell’infezione da Covid-19, inclusi alcuni dei suoi sintomi più bizzarri, come il gonfiore alle dita dei piedi, la perdita di gusto e olfatto, e la minore incidenza della malattia sulle donne, fornendo una teoria unificata su come la malattia si sviluppa una volta che il virus entra nel corpo umano.
Si sa che il Covid 19 entra nel corpo attraverso i recettori per l’angiotensina ACE2, situati su molte cellule del nostro organismo, comprese quelle delle muscose delle vie respiratorie. Il virus quindi si fa strada nel corpo, penetrando nelle cellule degli organi in cui sono presente i recettori ACE2: intestino, reni e cuore. Questo probabilmente spiega almeno alcuni dei sintomi cardiaci e gastrointestinali della malattia. Ma, secondo i dati emersi dal supercomputer, non si accontenterebbe di infettare le cellule che esprimono già molti recettori ACE2. Indurrebbe anche l’organismo a sovraregolare i recettori ACE2 in luoghi in cui sono solitamente espressi a livelli bassi o medi, compresi i polmoni.
Secondo una metafora efficace, Covid-19 è come un ladro che si infila nella fessura di una finestra chiusa male, e inizia a saccheggiare la casa. Ma non si limita a prendere tutto ciò che è a portata di mano, spalanca anche tutte le tue porte e finestre in modo che i suoi complici possano precipitarsi dentro e saccheggiare in modo più efficiente.
Agire sui recettori ACE2 vuol dire interferire con il sistema renina-angiotensina-aldosterone (SRAA), che regola tra l’altro la pressione sanguigna, controllando molti aspetti del sistema circolatorio, compresi i livelli corporei della bradichinina, un mediatore infiammatorio che altera la permeabilità vascolare e produce vasodilatazione. Secondo l’analisi del team, il virus agisce sul controllo genico di questi fattori, mettendo il tilt i meccanismi del corpo per la regolazione della bradichinina. Il suo aumenta, i suoi recettori vengono resi più sensibili e il corpo smette anche di scomporla efficacemente.
Il risultato finale, dicono i ricercatori, è quello di indurre una tempesta bradichininica, con ipotensione, e aumento della permeabilità vascolare in molti distretti corporei, con danni facilmente intuibili.
L’ipotesi della bradichinina spiegherebbe anche a molti degli effetti del Covid-19 sul cuore e sulla circolazione. Circa un paziente su cinque ospedalizzato con Covid-19 presenta danni al cuore, anche se non ha mai avuto problemi cardiaci prima. Alcuni di questi sono probabilmente dovuti al virus, che infetta il cuore direttamente attraverso i suoi recettori ACE2. Ma il SRAA controlla anche gli aspetti delle contrazioni cardiache e della pressione sanguigna. Secondo i ricercatori, le tempeste di bradichinina potrebbero creare aritmie e abbassamento della pressione sanguigna, che sono spesso osservate nei pazienti con Covid-19.
Insomma, il virus agirebbe some un ACE inibitore naturale, causando gli stessi effetti che talvolta i pazienti ipertesi denunciano quando assumono farmaci per abbassare la pressione sanguigna. Gli ACE-inibitori sono noti per causare tosse secca e affaticamento, due sintomi da manuale di Covid-19, e possono far aumentare i livelli di potassio nel sangue, che è stato osservato anche nei pazienti con Covid-19. Sono noti anche per causare una perdita del gusto e dell’olfatto. Jacobson sottolinea, tuttavia, che questo sintomo è più probabilmente dovuto al virus “che colpisce le cellule che circondano le cellule nervose olfattive” piuttosto che agli effetti diretti della bradichinina.
Inoltre la tempesta di bradichinine potrebbe aumentare la permeabilità della barriera ematoencefalica creando i sintomi neurologici spesso presenti come conseguenza della malattia, che, dice il prof. Jacobson “sono stati osservati in altre malattie che derivano da un eccesso di bradichinina “.
La ricerca è interessante non solo a livello teorico, per spiegare meglio la genesi dei sintomi e dare una spiegazione unificata anche di quelli (come le contusioni sulle dita dei piedi) che a prima vista sembrano casuali. Il vero interesse è clinico. Per la tempesta di bradichinine esistono infatti sul mercato diversi farmaci già approvati dalla FDA per il trattamento di altre condizioni. Potrebbero essere applicati anche al trattamento del Covid-19 senza necessitare di lunghe sperimentazioni e passaggi burocratici, se l’ipotesi del prof. Jacobson fosse confermata da altri studi.
di Viviana Kasam