La nostra vita è sospesa. I programmi rimandati a non si sa quando. La presenza dei nostri cari, figli, nonni, amici, bruscamente amputata. Galleggiamo nell’incertezza. Come in tempo di guerra, coprifuoco, negozi chiusi, ospedali sovraffollati. Solo che mentre in guerra il nemico è identificato, esterno a noi, oggi il nemico si annida ovunque, dentro la nostra cerchia più intima, nel fattorino che ci porta un pacco, nel barista che ci prepara il caffè, nella collaboratrice che assiste i genitori invalidi, nel collega che divide con noi l’ufficio. Affrontiamo l’emergenza senza corazze, a mani nude, l’unica prevenzione è quella di isolarci, come animali dentro la tana, chiedendoci ossessivamente chi abbiamo incontrato negli ultimi tempi che potrebbe averci contagiati.
Ma questo momento difficile può anche essere un momento di crescita, come un rito di iniziazione che ci porta a un livello più alto di consapevolezza. Una prova formativa.
Uno scienziato che stimo molto, Massimiliano Sassoli de’ Bianchi, docente presso il Centro Leo Apostel for Interdisciplinary Studies della Vrije Universiteit di Bruxelles mi ha suggerito una metafora che mi sembra molto calzante. “Il coronavirus è un hacker creato dalla natura per mostrare le vulnerabilità del nostro sistema, prima che collassi completamente”. Un wistleblower, insomma, come Julian Assange, o Kevin Mitnick o Edward Snowden per metterci in guardia contro il nostro dissennato stile di vita che sta distruggendo il Pianeta.
I campanelli d’allarme suonavano da un pezzo. Greta e il suo appello per fermare il collasso ambientale, i no global con la denuncia di un sistema produttivo che ha distrutto le piccole e medie aziende e di una finanza che ha divaricato sempre di più la forbice tra super ricchi e poveri, il consumismo esasperato che produce tonnellate di rifiuti che non sappiamo come smaltire, il surriscaldamento globale con l’alternanza di uragani, siccità e inondazioni, le isole di plastica che uccidono i mari, il turismo di massa che ha reso invivibili le città d’arte e i paradisi naturali, inquinato cieli e mari, e alterato gli equilibri culturali e sociali. E il campanello più inquietante di tutti: i milioni di profughi che fuggono da terre che non producono più il necessario a nutrirli e dove l’acqua scarseggia – i tanto vituperati migranti “economici” che i Paesi ricchi considerano di serie B, come se morire di fame fosse meno grave che morire di bombe. E come se noi italiani non fossimo stati profughi economici – ben 20 milioni nel secolo scorso cercarono all’estero un futuro migliore.
Circola sui social e su YouTube il filmato di Preeta Krishna, maestra di spiritualità e filosofia indiana, che ci avverte che la Natura nei millenni ha scartato le specie che mettono a repentaglio l’equilibrio globale del sistema. Se vogliamo sopravvivere per sempre, se vogliamo non finire scartati, dobbiamo essere di beneficio al Pianeta Terra, che invece stiamo distruggendo con il nostro egoismo, la nostra superbia, la erronea convinzione che il mondo sia stato creato per noi ed è a nostra disposizione. Il vero virus non è il Covid-19, siamo noi e la nostra insensibilità per ciò che ci circonda, animali, natura, mari e cieli spiega Preeta. E se avesse ragione?
Proviamo allora a utilizzare questo periodo di quarantena per rivedere il nostro modo di vivere, per ritrovare valori che avevamo dimenticato: tempi rallentati, invece che la dissennata accelerazione del nostro quotidiano; rapporti selezionati, invece degli inutili presenzialismi; viaggio con la mente, invece che con il corpo, attraverso la riscoperta delle buone letture; il piacere di dedicare tempo ai figli, alle attività domestiche che continuavamo a rimandare. E soprattutto riscopriamo la solidarietà e la responsabilità civile attraverso i nostri comportamenti.
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ControVirus vuole creare una comunità di persone che scelgono di affrontare l’emergenza come un momento di crescita individuale e collettiva. Un modo per cambiare, migliorare, e sentirsi uniti, guardandosi dentro e interrogandosi. Finalmente abbiamo il tempo di farlo!
di Viviana Kasam